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C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – fra noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati quaggiù sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia. Questa comunione tra terra e cielo si realizza specialmente nella preghiera di intercessione.
La Chiesa è santa non per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa, è frutto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Non siamo noi a farla santa. È Dio, lo Spirito Santo, che nel suo amore fa santa la Chiesa.
Voi potrete dirmi: ma la Chiesa è formata da peccatori, lo vediamo ogni giorno. E questo è vero: siamo una Chiesa di peccatori; e noi peccatori siamo chiamati a lasciarci trasformare, rinnovare, santificare da Dio.
“Mah! Padre, io sono un peccatore, ho grandi peccati, come posso sentirmi parte della Chiesa?”. Caro fratello, cara sorella, è proprio questo che desidera il Signore; che tu gli dica: “Signore sono qui, con i miei peccati. Perdonami, aiutami a camminare, trasforma il mio cuore!”. E il Signore può trasformare il cuore. La Chiesa a tutti offre la possibilità di percorrere la strada della santità, che è la strada del cristiano.
«Ora il vero rischio della nostra città – come della cultura occidentale – è di rassegnarsi a vivere dentro una cultura incapace di dare un assetto sensato al nostro convivere, che non sia la mera esaltazione della libertà individuale. Una cultura che intende dispensare l’uomo dalla ricerca di un senso della vita. La rassegnazione, la de-moralizzazione, l’avvilimento del cuore che ne derivano, possono essere fatali, perché ci portano a pensare che ciascuno di noi è impotente di fronte ai grandi poteri e meccanismi economici e finanziari.
Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! (Papa Francesco, 16 marzo 2013)
Con la sua Incarnazione, con la sua venuta tra noi, Gesù ci ha toccato e, attraverso i Sacramenti, anche oggi ci tocca; in questo modo, trasformando il nostro cuore, ci ha permesso e ci permette di riconoscerlo e di confessarlo come Figlio di Dio. Con la fede, noi possiamo toccarlo, e ricevere la potenza della sua grazia. Sant’Agostino, commentando il passo dell’emorroissa che tocca Gesù per essere guarita (cfr Lc 8,45-46), afferma: « Toccare con il cuore, questo è credere ».
(Papa FRANCESCO, Lumen fidei, n. 31).